millepiani 44 a breve in libreria!
Indice
RENÉ EREWHON
Giorgio Passerone
IL PROBLEMA DELLA VIOLENZA IN WALTER BENJAMIN
Herbert Marcuse
CRITICA, COERCIZIONE E VITA SACRA
In Per la critica della violenza di Benjamin
Judith Butler
GRAMMATICHE DELLA VIOLENZA
Tiziana Villani
SINGOLARITÀ E AMICIZIA
Per una nuova configurazione dell’umano
Ubaldo Fadini
PER UNA CRITICA DELLA VIOLENZA E DELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ
Il caso della Loi Plein Emploi e dell’accanimento algoritmico dei sussidi sociali in Francia
Roberto Ciccarelli
CAPITALISMO E VIOLENZA ECONOMICA
Alcune note
Andrea Fumagalli
IL SOGGETTO IMPREVISTO
Note a margine di una mostra su Arte e Femminismo
Elvira Vannini
CARLA LONZI E LO SPAZIO AB-ERRANTE DI UN FEMMINISMO DELLA PURA AFFERMAZIONE
Sulla linea che passa tra Donna clitoridea e Donna vaginale
Rosella Corda
LA VIOLENZA DELLO SPAZIO
Cosimo Lisi
LA VIOLENZA COME REGRESSIONE SOCIALE
Stefano Righetti
INTERSEZIONI ERRANTI
Apprendimento-animale, apprendimento-artificiale
Igor Pelgreffi
ECOLOGIE, STORIE, FUTURI POSSIBILI
Francesco Demitry
L’OPERA DI RAMUTCHO MATTA
Mary Zurigo
NOTA
Ramutcho Matta
Premessa
L’esperienza della paura non smette di coinvolgere gli assetti della nostra sensibilità e intelligenza, il nostro essere (di) relazione: da ultimo sono tanti i fattori che ne favoriscono il ripresentarsi come una sorta di destino non aggirabile, la pandemia, il dilagare della guerra, tra gli altri. E si potrebbe appunto continuare in questo triste elenco, indicando tutto ciò che nel “nostro” presente aggredisce in più modi l’esistenza di ciascuno di noi lasciandoci senza fiato, in una condizione nella quale la trama degli incontri e delle relazioni (e degli “scontri” non però distruttivi) non sembra aprirsi allo stimolo essenziale del cambiamento effettivo e del – perché no? – della speranza. I nostri “classici” di riferimento ci invitano a riflettere allora sul fatto che siamo ancora dentro la “preistoria”, che non ne siamo usciti anche nel momento in cui la tecnicizzazione del vivere complessivo viene a essere direzionata nel senso di un vero e proprio fare “terra bruciata” della stessa nostra esistenza e del pianeta. Viviamo la “fine della fine” nell’affermazione della regola del tempo d’eccezione permanente, per dirla con Walter Benjamin, e attorno a noi – e parzialmente in noi – si accumulano rovine, scarti del consumo ossessivo del sempre uguale opportunamente e profittevolmente rimodulato per restituirlo come comunque appetibile, spacciandolo quindi come indispensabile. Guerre sul campo e guerre economico-finanziarie: trasformazioni antropologiche e criticità della politica che lasciano trasparire la dominante violenta delle dinamiche “selvagge” della conservazione in vita così come perlomeno la si ritiene attuabile in una situazione generale di perdita di “mondo”, del venir meno di possibilità concrete di svolgimento in positivo della nostra relazionalità e quindi di noi stessi. E allora possono valere, a titolo introduttivo di questo nuovo “Millepiani”, le pagine di Herbert Marcuse su Benjamin, sulla sua “critica della violenza”, quelle di J. Butler sempre riferite a Benjamin sulla violenza divina, la status giuridico, il marchio della colpa, a testimonianza della volontà di non rassegnarsi a permanere in una condizione di dipendenza radicale, di assoggettamento senza riserve: riflessione filosofica, etica e politica, alla ricerca di ciò che successivamente arriverà a delinearsi come un insieme di virtù sociali che possono essere poste al servizio delle singolarità e delle collettività: un esempio di esperienza umana da richiamare in tal senso è proprio quella dell’amicizia, la più radicalmente distante da tutto ciò che lacera – fino a distruggerlo – proprio quel tessuto di relazionalità che può invece impedire che le nostre esistenze si traducano in “vite mancate” (Elias Canetti).